domenica 10 aprile 2016

Harry Potter e La pietra Filosofale - Il cappello Parlante e L'inizio della nostra storia (I incontro - sab. 2 aprile)

Ciao a tutti, Piccoli Lettori!
come molti di voi sanno, lo scorso sabato 2 aprile abbiamo finalmente ricominciato ad incontrarci in biblioteca per i nostri bei momenti di gioco e lettura. Abbiamo cominciato a raccontare dal principio la misteriosa e affascinante storia di Harry Potter. Abbiamo parlato di com'è nata questa saga di avventura e magia e abbiamo spiegato chi è questo Maghetto e che cosa gli è accaduto, per poi leggere insieme alcuni passi scelti tratti dal libro Harry Potter e la pietra filosofale.
Speriamo vivamente che visiate divertiti (anche se, lo ammettiamo, abbiamo giocato poco perché quel vecchione del cappello parlante ci ha messo una vita a smistare ciascuno di voi nella propria casa). Ma ora che siete ognuno parte di una casa, che siate, Grifondoro, Serpeverde oppure Tassorosso o ancora Corvonero, non importa, perché il divertimento (e la Magia) sono assicurati!
Qui a seguire vi lasciamo i brani che abbiamo letto insieme durante il primo incontro, per tutti coloro che vogliano dare uno sguardo o rinfrescarsi la memoria e prepararsi al prossimo incontro (che si terrà sempre in biblioteca sabato 16 aprile)..
Dunque... Buon divertimento e Buona Lettura!


Il Bambino Sopravvissuto

Mr e Mrs Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano
perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che
avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le
approvavano. Mr Dursley era direttore di una ditta di nome Grunnings, che fabbricava trapani. Era
un uomo corpulento, nerboruto, quasi senza collo e con un grosso paio di baffi. Mrs Dursley era
magra, bionda e con un collo quasi due volte più lungo del normale, il che le tornava assai utile,
dato che passava gran parte del tempo ad allungarlo oltre la siepe del giardino per spiare i vicini. I
Dursley avevano un figlioletto di nome Dudley e secondo loro non esisteva al mondo un bambino
più bello. Possedevano tutto quel che si poteva desiderare, ma avevano anche un segreto, e il loro
più grande timore era che qualcuno potesse scoprirlo. Non credevano che avrebbero potuto
sopportare che qualcuno venisse a sapere dei Potter. Mrs Potter era la sorella di Mrs Dursley, ma
non si vedevano da anni. Anzi, Mrs Dursley faceva addirittura finta di non avere sorelle, perché
Mrs Potter e quel buono a nulla del marito non avrebbero potuto essere più diversi da loro di così.
I Dursley rabbrividivano al solo pensiero di quel che avrebbero detto i vicini se i Potter si fossero
fatti vedere nei paraggi. Sapevano che i Potter avevano anche loro un figlio piccolo, ma non lo avevano mai visto. E il ragazzino era un'altra buona ragione per tenere i Potter a distanza: non volevano che Dudley frequentasse un bambino di quel genere.

Se Mr Dursley era scivolato in un sonno agitato, il gatto, seduto sul muretto di fuori, non dava alcun segno di aver sonno. Sedeva immobile come una statua, con gli occhi fissi e senza batter ciglio sull'angolo opposto di Privet Drive. E non ebbe il minimo soprassalto neanche quando, nella strada accanto, la portiera di una macchina sbatté forte, né quando due gufi gli sfrecciarono sopra la testa. Dovette farsi quasi mezzanotte prima che il gatto facesse il minimo movimento. Un uomo apparve all'angolo della strada che il gatto aveva tenuto d'occhio; ma apparve così all'improvviso e silenziosamente che si sarebbe detto fosse spuntato da sotto terra. La coda del gatto ebbe un guizzo e gli occhi divennero due fessure. In Privet Drive non s'era mai visto niente di simile. Era alto, magro e molto vecchio, a giudicare dall'argento dei capelli e della barba, talmente lunghi che li teneva infilati nella cintura. Indossava abiti lunghi, un mantello color porpora che strusciava per terra e stivali dai tacchi alti con le fibbie. Dietro gli occhiali a mezzaluna aveva due occhi di un azzurro chiaro, luminosi e scintillanti, e il naso era molto lungo e ricurvo, come se fosse stato rotto almeno due volte. L'uomo si chiamava Albus Silente. Si dava un gran da fare a rovistare sotto il mantello, in cerca di qualcosa. Sembrò invece rendersi conto di essere osservato, perché all'improvviso guardò il gatto, che lo stava ancora fissando dall'estremità opposta della strada. Per qualche ignota ragione, la vista del gatto sembrò divertirlo. Ridacchiò tra sé borbottando: ‘Avrei dovuto immaginarlo’. Aveva trovato quel che stava cercando nella tasca interna del mantello. Sembrava un accendino d'argento. Lo aprì con uno scatto, lo tenne sollevato e lo accese. Il lampione più vicino si fulminò con un piccolo schiocco. L'uomo lo fece scattare di nuovo, e questa volta si fulminò il lampione appresso. Dodici volte fece scattare quel suo ‘Spegnino’, fino a che l'unica illuminazione rimasta in tutta la strada furono due capocchie di spillo in lontananza: gli occhi del gatto che lo fissavano. Se in quel momento qualcuno - perfino quell'occhio di lince di Mr Dursley - avesse guardato fuori della finestra, non sarebbe riuscito a vedere niente di quel che accadeva in strada. Silente si fece scivolare di nuovo nella tasca del mantello il suo ‘Spegnino’ e si incamminò verso il numero 4 di Privet Drive, dove si mise a sedere sul muretto, accanto al gatto. Non lo guardò, ma dopo un attimo gli rivolse la parola. ‘Che combinazione! Anche lei qui, professoressa Mcgranitt?’ Si voltò verso il soriano con un sorriso, ma quello era scomparso. Al suo posto, davanti a lui c'era una donna dall'aspetto piuttosto severo, che portava un paio di occhiali squadrati della forma identica ai segni che il gatto aveva intorno agli occhi. Anche lei indossava un mantello, ma color smeraldo. I capelli neri erano raccolti in uno chignon. Aveva l'aria decisamente scombussolata. ‘Come faceva a sapere che ero io?’ chiese. ‘Ma, mia cara professoressa, non ho mai visto un gatto seduto in una posa così rigida’.  ‘Anche lei sarebbe rigido se fosse rimasto seduto tutto il giorno su un muretto di mattoni’ rimbeccò la professoressa Mcgranitt.  ‘Tutto il giorno? Quando invece avrebbe potuto festeggiare? Venendo qui mi sono imbattuto in una decina e più di feste e banchetti’.  La professoressa Mcgranitt tirò su rabbiosamente col naso.  ‘Eh già, sono proprio tutti lì che festeggiano’ disse con tono impaziente. ‘Ci si sarebbe potuti aspettare che fossero un po' più prudenti, macché... anche i Babbani hanno notato che sta succedendo qualcosa. Lo hanno detto ai loro telegiornali’. ‘Non gli si può dar torto’ disse Silente con dolcezza. ‘Per undici anni abbiamo avuto ben poco da festeggiare’.  ‘Lo so, lo so’ disse la professoressa Mcgranitt in tono irritato. ‘Ma non è una buona ragione per perdere la testa. Stanno commettendo una vera imprudenza, a girare per la strada in pieno giorno senza neanche vestirsi da Babbano, e scambiandosi indiscrezioni’. A quel punto, lanciò a Silente un'occhiata obliqua e penetrante, sperando che lui dicesse qualcosa; ma così non fu. Allora continuò: ‘Sarebbe un bel guaio se, proprio il giorno in cui sembra che Lei-Sa-Chi sia finalmente scomparso, i Babbani dovessero venire a sapere di noi. Ma siamo proprio sicuri che se n'è andato, Silente?’ Sembra proprio di sì’ rispose questi. ‘Dobbiamo essere molto grati. Le andrebbe un ghiacciolo al limone?’ ‘Un che?’ ‘Un ghiacciolo al limone. un dolce che fanno i Babbani: io ne vado matto’. ‘No grazie’ rispose freddamente la professoressa Mcgranitt, come a voler dire che non era il momento dei ghiaccioli. ‘Come dicevo, anche se Lei-Sa-Chi se ne è andato veramente...’  ‘Mia cara professoressa, una persona di buonsenso come lei potrebbe decidersi a chiamarlo anche per nome!! Tutte queste allusioni a "Lei-Sa-Chi" sono una vera stupidaggine... Sono undici anni che cerco di convincere la gente a chiamarlo col suo vero nome: Voldemort’. La professoressa Mcgranitt trasalì, ma Silente, che stava scartando un ghiacciolo al limone, sembrò non farvi caso. ‘Crea tanta di quella confusione continuare a dire "Lei-Sa-Chi". Non ho mai capito per quale ragione bisognasse avere tanta paura di pronunciare il nome di Voldemort’.  ‘Io lo so bene’ disse la professoressa Mcgranitt, in tono a metà fra l'esasperato e l'ammirato. ‘Ma per lei è diverso. Lo sanno tutti che lei è il solo di cui Lei-Sa... oh, d'accordo: Voldemort... aveva paura’.  ‘Lei mi lusinga’ disse Silente con calma. ‘Voldemort aveva poteri che io non avrò mai’.  ‘Soltanto perché lei è troppo... troppo nobile per usarli’.  ‘Meno male che è buio. Non arrossivo tanto da quella volta che Madama Chips mi disse quanto le piacevano i miei nuovi paraorecchi’.  La professoressa Mcgranitt scoccò a Silente un'occhiata penetrante, poi disse: ‘I gufi sono niente in confronto alle voci che sono state messe in giro. Sa che cosa dicono tutti? Sul perché è scomparso? Su quel che l'ha fermato una buona volta?’  Sembrava che la professoressa Mcgranitt avesse toccato il punto che più le premeva di discutere, la vera ragione per cui era rimasta in attesa tutto il giorno su quel muretto freddo e duro, perché mai - né da gatto né da donna - aveva fissato Silente con uno sguardo così penetrante. Era chiaro che qualsiasi cosa ‘tutti’ mormorassero, lei non l'avrebbe creduto sin quando Silente non le avesse detto che era vero. Ma lui era occupato col suo ghiacciolo al limone, e non rispose.  ‘Quel che vanno dicendo’ incalzò lei, ‘è che la notte scorsa Voldemort è spuntato fuori a Goldrick's Hollow. andato a trovare i Potter. Corre voce che Lily e James Potter siano... siano... insomma, siano morti’.  Silente chinò la testa. La professoressa Mcgranitt ebbe un piccolo singhiozzo.  ‘Lily e James... Non posso crederci... Non volevo crederci... Oh, Albus...’  Silente allungò la mano e le batté un colpetto sulla spalla. ‘Lo so... lo so...’ disse gravemente.  La Mcgranitt proseguì con voce tremante: ‘E non è tutto. Dicono che ha anche cercato di uccidere il figlio dei Potter, Harry. Ma che... non c'è riuscito. Quel piccino, non è riuscito a ucciderlo. Nessuno  perché né come, ma dicono che quando Voldemort non ce l'ha fatta a uccidere Harry Potter, in qualche modo il suo potere è venuto meno... ed è per questo che se n'è andato’.  Silente annuì malinconicamente.  ‘è vero?’ balbettò la professoressa Mcgranitt. ‘Dopo tutto quel che ha fatto... dopo tutti quelli che ha ammazzato... non è riuscito a uccidere un bambino indifeso? strabiliante... di tutte le cose che avrebbero potuto fermarlo... Ma in nome del cielo, come ha fatto Harry a sopravvivere?’  ‘Possiamo solo fare congetture’ disse Silente. ‘Forse non lo sapremo mai’.  La professoressa McGranitt tirò fuori un fazzoletto di trina e si asciugò gli occhi dietro gli occhiali. Con un profondo sospiro, Silente estrasse dalla tasca un orologio d'oro e lo esaminò. Era un orologio molto strano. Aveva dodici lancette, ma al posto dei numeri c'erano alcuni piccoli pianeti che si muovevano lungo il bordo del quadrante. Evidentemente Silente lo sapeva leggere, perché lo ripose di nuovo nella tasca e disse: ‘Hagrid è in ritardo. A proposito, suppongo sia stato lui a dirle che sarei venuto qui’.  ‘Sì’ rispose la McGranitt, ‘anche se non credo che lei mi dirà perché mai, di tanti posti, abbia scelto proprio questo’.  ‘Sono venuto a portare Harry dai suoi zii. Sono gli unici parenti che gli rimangono’.  ‘Non vorrà mica dire... Non saranno mica quei due che abitano lì!’ esclamò la Mcgranitt balzando in piedi e indicando il numero 4. ‘Silente... non è possibile! E' tutto il giorno che li osservo. Non avrebbe potuto trovare persone più diverse da noi. E poi quel ragazzino che hanno... l'ho visto prendere a calci sua madre per tutta la strada, urlando che voleva le caramelle! Harry Potter... venire ad abitare qui?’.  ‘il posto migliore per lui’ disse Silente con fermezza. ‘La zia e lo zio potranno spiegargli tutto quando sarà più grande. Ho scritto loro una lettera’.  ‘Una lettera?’ gli fece eco la Mcgranitt con un filo di voce, tornando a sedersi sul muretto. ‘Ma davvero, Silente, crede di poter spiegare tutto questo per lettera? Questa gente non capirà mai Harry Potter. Lui diventerà famoso... leggendario! Non mi stupirebbe se in futuro la giornata di oggi venisse designata come la festa di Harry Potter. Su di lui si scriveranno volumi, tutti i bambini del mondo conosceranno il suo nome!’  ‘Proprio così’ disse Silente fissandola tutto serio da sopra gli occhiali a mezzaluna. ‘Ce ne sarebbe abbastanza per far girare la testa a qualsiasi ragazzo. Famoso prima ancora di parlare e di camminare! Famoso per qualcosa di cui non avrà conservato neanche il ricordo! Non riesce a capire quanto starà meglio, se crescerà lontano da tutto questo fino al giorno in cui sarà pronto per reggerlo?’  La professoressa Mcgranitt aprì bocca per rispondere, poi cambiò idea, inghiottì e disse: ‘Sì... sì, lei ha ragione, naturalmente. Ma in che modo arriverà qui il ragazzo?’. ‘Lo porterà Hagrid’.  ‘E a lei pare... saggio... affidare a Hagrid un compito tanto importante?’  ‘Affiderei a Hagrid la mia stessa vita’ disse Silente.  ‘Ma cosa è stato?’  Il silenzio che li circondava era stato lacerato da un rombo cupo. Mentre Silente e la Mcgranitt percorrevano con lo sguardo la stradina per vedere se si avvicinassero dei fari, il rumore si fece sempre più forte, fino a diventare un boato. Entrambi levarono lo sguardo al cielo e dall'aria piovve una gigantesca motocicletta che atterrò sull'asfalto proprio davanti a loro. Pur colossale com'era, la moto sembrava niente a confronto con l'uomo che la inforcava. Era alto circa due volte un uomo normale e almeno cinque volte più grosso. Sembrava semplicemente troppo per essere vero, e aveva un aspetto terribilmente selvaggio: lunghe ciocche di ispidi capelli neri e una folta barba gli nascondevano gran parte del volto; ogni mano era grande come il coperchio di un bidone dei rifiuti e i piedi, che calzavano stivali di cuoio, sembravano due piccoli delfini. Tra le braccia immense e muscolose reggeva un involto di coperte.  ‘Hagrid!’ esclamò Silente con tono di sollievo. ‘Finalmente! Ma dove hai preso quel veicolo?’  ‘Un prestito, professor Silente’; e così dicendo, il gigante scese con circospezione dalla motocicletta. ‘Del giovane Sirius Black. Lui ce l'ho qui, signore’.  ‘Ci sono stati problemi?’  ‘No, signore; la casa era distrutta, diciamo, ma io sono riuscito a tirarlo fuori prima che il posto si riempisse di Babbani. Si è addormentato mentre volavamo su Bristol’.  Silente e la Mcgranitt si chinarono sull'involto di coperte. Dentro, appena visibile, c'era un bambino profondamente addormentato. Sotto il ciuffo di capelli corvini che gli spuntava sulla fronte, scorsero un taglio dalla forma bizzarra, simile a una saetta.  ‘E' qui che...’ chiese in un bisbiglio la professoressa Mcgranitt.  ‘Sì’ rispose Silente. ‘Questa cicatrice se la terrà per sempre’.  ‘E lei non può farci niente, Silente?’  ‘Anche se potessi, non lo farei. Le cicatrici possono tornare utili. Anch'io ne ho una, sopra il ginocchio sinistro, che è una piantina perfetta della metropolitana di Londra. Bene... Dammelo qua, Hagrid; vediamo di concludere’.  Silente prese Harry tra le braccia e si voltò verso la casa dei Dursley.  ‘Posso... posso fargli un salutino, signore?’ chiese Hagrid.  Chinò la grossa e ispida testa su Harry e gli dette un bacio rasposo per via di tutto quel pelo. Poi, d'un tratto, emise un ululato come di cane ferito.  ‘Shhh!’ sibilò la Mcgranitt. ‘Sveglierai i Babbani!’  ‘S-s-s-scusatemi...’ singhiozzò Hagrid tirando fuori un immenso fazzoletto tutto chiazzato e tuffandoci il viso dentro, ‘ma proprio -n-non ce la faccio... Lily e James morti... e il povero piccolo Harry che se ne va a vivere con i Babbani...’.  ‘Sì, certo, è molto triste, ma vedi di controllarti, Hagrid, o ci scopriranno’ sussurrò la Mcgranitt battendogli con cautela un colpetto sul braccio mentre Silente, scavalcando il basso muricciolo del giardino, si avviava verso la porta d'ingresso. Depose dolcemente Harry sul gradino, tirò fuori dal mantello una lettera, la ripose tra le coperte che avvolgevano Harry e tornò verso gli altri due. Per un lungo minuto i tre rimasero lì a guardare quel fagottino; Hagrid era scosso dai singhiozzi, la professoressa Mcgranitt non faceva che battere le palpebre, e lo scintillio che normalmente emanava dagli occhi di Silente sembrava svanito.  ‘Be'‘ disse infine Silente, ‘ecco fatto. Non c'è più ragione che restiamo qui. Tanto vale che andiamo a prender parte ai festeggiamenti’.  ‘Già’ disse Hagrid con voce soffocata ‘allora io riporto la moto a Sirius. 'Notte, professoressa Mcgranitt. Professor Silente, i miei rispetti’.  Asciugandosi gli occhi inondati di lacrime con la manica della giacca, Hagrid si rimise a cavalcioni della motocicletta e accese il motore; si sollevò in aria con un rombo e sparì nella notte.  ‘Penso che ci rivedremo presto, professoressa Mcgranitt’ disse Silente facendole un cenno col capo. Per tutta risposta, lei si soffiò il naso.  Silente si voltò e si avviò lungo la strada. Giunto all'angolo, si fermò ed estrasse il suo ‘Spegnino’ d'argento. Uno scatto, e dodici sfere luminose si riaccesero di colpo nei lampioni, illuminando Privet Drive di un bagliore aranciato. A quel chiarore scorse un gatto soriano che se la svignava dietro l'angolo all'altro capo della strada. Da quella distanza vedeva appena il mucchietto di coperte sul gradino del numero 4.  ‘Buona fortuna, Harry’ mormorò. Poi girò sui tacchi e, con un fruscio del mantello, sparì.  Una lieve brezza scompigliava le siepi ben potate di Privet Drive, che riposava, ordinata e silenziosa, sotto il cielo nero come l'inchiostro. L'ultimo posto dove ci si sarebbe aspettati di veder accadere cose stupefacenti. Sotto le sue coperte, Harry Potter si girò dall'altra parte senza svegliarsi. Una manina si richiuse sulla lettera che aveva accanto e lui continuò a dormire, senza sapere che era speciale, senza sapere che era famoso, senza sapere che di lì a qualche ora sarebbe stato svegliato dall'urlo di Mrs Dursley che apriva la porta di casa per mettere fuori le bottiglie del latte, né che le settimane successive le avrebbe trascorse a farsi riempire di spintoni e pizzicotti dal cugino Dudley... Non poteva sapere che, in quello stesso istante, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva in segreto e levava i calici per brindare ‘a Harry Potter il bambino che è sopravvissuto’.




Il cappello Parlante

La porta si spalancò all'istante. Si vide una strega alta, dai capelli corvini, vestita di verde smeraldo. Aveva un volto molto severo, e il primo pensiero di Harry fu questo: è una persona che bisogna evitare di contrariare.  ‘Ecco qua gli allievi del primo anno, professoressa Mcgranitt’ disse Hagrid.  ‘Grazie, Hagrid. Da qui in avanti li accompagno io’.  Spalancò la porta. La sala d'ingresso era così grande che ci sarebbe entrata comodamente tutta la casa dei Dursley. Le pareti di pietra erano illuminate da torce fiammeggianti come quelle della Gringott, il soffitto era talmente alto che si scorgeva a malapena, e di fronte a loro una sontuosa scalinata in marmo conduceva ai piani superiori. I ragazzi seguirono la professoressa Mcgranitt calpestando il pavimento tutto lastre. Harry udiva il brusio di centinaia di voci provenire da una porta a destra - il resto della scolaresca doveva essere già arrivato - ma la professoressa Mcgranitt condusse quelli del primo anno in una saletta vuota, oltre la sala d'ingresso. Ci si assieparono dentro, molto più pigiati di quanto normalmente avrebbero fatto, guardandosi intorno tutti nervosi.  ‘Benvenuti a Hogwarts’ disse la professoressa Mcgranitt. ‘Il banchetto per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nei vostri dormitori. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, il vostro dormitorio sarà un po' come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di dormitorio, dormirete nei locali destinati al vostro dormitorio e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo del vostro dormitorio. ‘I quattro dormitori si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Pecoranera e Serpeverde. Ciascuno ha la sua nobile storia e ciascuno ha sfornato maghi e streghe di prim'ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti al vostro dormitorio, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere. Alla fine dell'anno, il dormitorio che avrà totalizzato più punti verrà premiato con una coppa, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro al dormitorio cui verrà destinato.  ‘La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti, davanti a tutti gli altri studenti. Nell'attesa, vi suggerisco di farvi belli più che potete’.  E così dicendo, i suoi occhi indugiarono per un attimo sul mantello di Neville, che era abbottonato sotto l'orecchio sinistro, e sul naso sporco di Ron. Harry cercò di lisciarsi i capelli nervosamente.  ‘Tornerò non appena saremo pronti per la cerimonia’ disse la professoressa Mcgranitt. ‘Vi prego di attendere in silenzio’.  Uscì dalla stanza. Harry deglutì.  ‘Di preciso, in che modo ci smistano per dormitorio?’ chiese a Ron.  ‘Una specie di prova, credo. Fred ha detto che fa un sacco male, ma penso che stesse scherzando’.  A Harry, il cuore sobbalzò nel petto. Una prova? Di fronte a tutta la scuola? Ma lui, di magia, non sapeva niente... cosa avrebbe dovuto fare? Non si era aspettato niente di simile, quando era arrivato. Si guardò intorno ansioso e vide che tutti gli altri erano terrorizzati quanto lui. Nessuno aveva molta voglia di parlare, tranne Hermione Granger che stava spiattellando a bassa voce, con parlantina inarrestabile, tutti gli incantesimi che aveva imparato, chiedendosi di quale dei tanti avrebbe dovuto servirsi. Harry cercava disperatamente di non ascoltarla. Non era mai stato tanto nervoso in vita sua, mai, neanche quando era tornato a casa con una nota della scuola in cui si diceva che, non si sa come, lui aveva fatto diventare blu la parrucca dell'insegnante. Teneva gli occhi fissi sulla porta. Ormai ogni momento era buono perché la professoressa Mcgranitt tornasse per condurlo verso il suo destino.  Poi accadde una cosa che gli fece fare un salto alto un palmo da terra... Dietro di lui, molti ragazzi gridarono.  ‘Ma che cosa...?’  Si sentì mancare il fiato, e come lui tutti gli altri. Una ventina di fantasmi erano appena entrati nella stanza, attraversando la parete in fondo. Di color bianco perlaceo e leggermente trasparenti, scivolavano per la stanza parlando tra loro e quasi senza guardare gli allievi del primo anno. Sembrava che stessero discutendo. Quello che assomigliava a un monaco piccolo e grasso stava dicendo: ‘Io dico che bisogna perdonare e dimenticare; dobbiamo dargli un'altra possibilità...’  ‘Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a Pix tutte le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito sul nostro nome, e poi lo sai, non è neanche un vero e proprio fantasma... Ehi, dico, che cosa ci fate qui?’  Un fantasma in calzamaglia e gorgiera aveva d'un tratto notato gli studenti del primo anno.  Nessuno rispose. ‘Nuovi studenti!’ disse il Frate Grasso abbracciando tutti con un sorriso. ‘In attesa di essere smistati, suppongo’.  Alcuni annuirono in silenzio.  ‘Spero di vedervi tutti a Tassorosso!’ disse il Frate. ‘Sapete? stato il mio dormitorio’.  ‘E ora, sgombrare!’ ordinò una voce aspra. ‘Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento’.  La professoressa Mcgranitt era tornata. Uno a uno, i fantasmi si dileguarono attraversando la parete di fronte.  ‘Mettetevi in fila e seguitemi’ ordinò la professoressa Mcgranitt agli allievi del primo anno.  Harry, con la strana sensazione che le gambe gli fossero diventate di piombo, si mise in fila dietro a un ragazzo dai capelli color sabbia, e Ron dietro di lui. Uscirono dalla stanza, attraversarono di nuovo la sala d'ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte, ed entrarono nella Sala Grande.  Harry non aveva mai immaginato in vita sua che potesse esistere un posto tanto splendido e sorprendente. Era illuminato da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz'aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d'oro scintillanti. In fondo alla sala c'era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti. Fu lì che la professoressa Mcgranitt accompagnò gli allievi del primo anno, cosicché, sempre tutti in fila, si fermarono davanti agli altri studenti, dando le spalle agli insegnanti. Alla luce tremula delle candele, le centinaia di facce che li guardavano sembravano tante pallide lanterne. Qua e là, tra gli studenti, i fantasmi punteggiavano la sala come velate luci argentee. Soprattutto per evitare tutti quegli occhi che li fissavano, Harry alzò lo sguardo in alto e vide un soffitto di velluto nero trapunto di stelle. Udì Hermione bisbigliare: ‘per magia che somiglia al cielo di fuori! L'ho letto in Storia di Hogwarts’.  Era addirittura difficile credere che ci fosse un soffitto, e che la Sala Grande non si spalancasse semplicemente sul cielo aperto.  Rapidamente Harry abbassò di nuovo lo sguardo, mentre la professoressa Mcgranitt, senza fare rumore, collocava uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un vecchio cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie. Zia Petunia non avrebbe permesso neanche di farlo entrare in casa.  Forse sarebbe stato chiesto loro di estrarne un coniglio, pensò Harry tutto emozionato. Sembrava proprio il genere di cosa che... poi, notando che tutti, nella sala, stavano fissando il cappello, fece altrettanto. Per qualche secondo regnò il silenzio più assoluto. Poi il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare:
Forse pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette i vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette e al mio confronto gli altri son zeri.
Non c'è pensiero che nascondiate che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate qual è la casa in cui rimanere
forse Grifondoro la vostra via, culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria fan di quel luogo uno splendore.
O forse è a Tassorosso la vostra vita, dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio, se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mani sicure Perché io sono un Cappello Parlante!
Non appena ebbe terminato la sua filastrocca, tutta la sala scoppiò in un applauso fragoroso. Il cappello fece un inchino a ciascuno dei quattro tavoli e poi tornò immobile.  ‘Allora dobbiamo semplicemente provare il cappello!’ sussurrò Ron a Harry. ‘Giuro che Fred lo ammazzo: non ha fatto che parlare di una gara di lotta libera!’  Harry sorrise debolmente. Sì, indossare il cappello era molto meglio che dover fare un incantesimo, ma gli sarebbe piaciuto che la cosa avvenisse in separata sede, non sotto gli occhi di tutti. Sembrava che il cappello chiedesse molto; al momento, Harry non si sentiva né coraggioso, né intelligente né altro. Se solo il cappello avesse nominato un dormitorio per gente che si sentiva poco sicura di sé, quello sarebbe stato il posto giusto per lui.  A quel punto, la professoressa Mcgranitt si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.  ‘Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati.


Nessun commento:

Posta un commento