lunedì 25 aprile 2016

La Spesa a Diagon Alley - II Incontro (Sabato 16 Aprile 2016)

Diagon Alley
(da Harry Potter e la pietra filosofale, cap. 5)

Il mattino dopo, Harry si svegliò di buon'ora. Benché si rendesse conto che era giorno fatto, tenne gli occhi ben chiusi. ‘E' stato tutto un sogno’ si disse con fermezza. ‘Ho sognato che un gigante di nome Hagrid è venuto a dirmi che avrei frequentato una scuola per maghi. Quando aprirò gli occhi mi ritroverò a casa dentro lo sgabuzzino’. D'un tratto si sentì bussare forte. ‘Ecco zia Petunia che bussa alla porta’ pensò Harry con il cuore che gli si faceva piccolo piccolo. Ma continuò a tenere gli occhi chiusi. Era stato un sogno così bello! Toc. Toc. Toc. ‘E va bene’ borbottò Harry, ‘mi sto alzando’. Si mise seduto e il pesante pastrano di Hagrid gli cadde di dosso. La catapecchia era tutta illuminata dal sole, la bufera era passata; Hagrid, in carne e ossa, dormiva sul divano sfondato, e un gufo raspava con gli artigli alla finestra, tenendo un giornale nel becco. Harry scattò in piedi, ed era talmente contento che si sentiva leggero come un palloncino. Andò alla finestra e la spalancò. Il gufo volò dentro e lasciò cadere il giornale su Hagrid, e poiché non si svegliava, cominciò a svolazzare sul pavimento beccando il suo soprabito. ‘Non fare così’. Harry cercò di scacciarlo con la mano, ma quello batté il becco con aria feroce e continuò a infierire sul mantello. ‘Hagrid!’ disse Harry a voce alta. ‘C'è un gufo!’ ‘Pagalo’ grugnì Hagrid dal divano. ‘Come?’ ‘Bisogna pagarlo per la consegna del giornale. Guarda nelle tasche’. Sembrava che il pastrano di Hagrid fosse fatto soltanto di tasche. Mazzi di chiavi, proiettili per fionda, gomitoli di spago, mentine, bustine di tè. finalmente, Harry tirò fuori una manciata di monete dall'aspetto strano. ‘Dagli cinque zellini’ disse Hagrid con voce assonnata. ‘Zellini?’ ‘Le monetine di bronzo’. Harry contò cinque piccole monete di bronzo e il gufo allungò la zampa per consentirgli di mettere il denaro in un borsellino di cuoio che vi portava legato. Poi volò via dalla finestra aperta. Hagrid sbadigliò rumorosamente, si mise seduto e si stiracchiò. ‘Meglio che andiamo, Harry, abbiamo un sacco di cose da fare, oggi: dobbiamo arrivare a Londra e fare gli acquisti per la scuola’.

Sul treno la gente li scrutava più che mai. Hagrid occupava due posti a sedere e aveva preso a sferruzzare quello che sembrava un tendone da circo color giallo canarino. ‘Hai ancora la lettera, Harry?’ chiese mentre contava le maglie. Harry tirò fuori dalla tasca la busta di pergamena. ‘Bene’ disse Hagrid. ‘Lì c'è un elenco di tutto quel che ti serve’. Harry spiegò un secondo foglio che la sera prima non aveva notato e lesse.

SCUOLA di MAGIA e STREGONERIA di HOGWARTS

  • Uniforme: Gli studenti del primo anno dovranno avere: tre completi da lavoro in tinta unita (nero); Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno; Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili); un mantello invernale (nero con alamari d'argento). N.B. Tutti gli indumenti degli allievi devono essere contrassegnati da una targhetta con il nome.
  • Libri di testo:Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi: Manuale degli Incantesimi, Volume primo, di Miranda Gadula; Storia della Magia, di Bathilda Bath; Teoria della Magia, di Adalbert Incant; Guida pratica alla trasfigurazione per principianti, di Emeric Zott; Mille erbe e funghi magici, di Phyllida Spore; Infusi e pozioni magiche, di Arsenius Brodus; Gli animali fantastici: dove trovarli, di Newt Scamandro; Le Forze Oscure: guida all'autoprotezione, di Dante Tremante
  • Altri accessori: 1 bacchetta magica; 1 calderone (in peltro, misura standard 2); 1 set di provette di vetro o cristallo; 1 telescopio; 1 bilancia d'ottone
  • Gli allievi possono portare anche un gufo, oppure un gatto, oppure un rospo.
  • Si ricorda ai genitori che agli allievi del primo anno non è consentito l'uso di manici di scopa personali.

‘Si può comprare tutto a Londra?’ si chiese ad alta voce Harry. ‘Sì, se uno sa dove andare’ rispose Hagrid. Harry non era mai stato a Londra. Per quanto fosse chiaro che Hagrid sapeva dove stava andando, era altrettanto ovvio che non era abituato a girare per la città come un comune mortale. Rimaneva incastrato nei tornelli della metropolitana, e si lamentava ad alta voce che i sedili delle vetture erano troppo piccoli e i treni troppo lenti. ‘Non so proprio come fanno i Babbani a cavarsela senza magia’ disse mentre si arrampicavano su per una scala mobile sfasciata, che portava a una strada brulicante di traffico e piena di negozi. Passarono davanti a negozi di libri e di musica, a fast-food e cinema, ma in nessuno pareva si vendessero bacchette magiche. Era una strada qualsiasi, piena di gente qualsiasi. Possibile che esistessero negozi dove si vendevano libri di incantesimi e manici di scopa? Per quanto incredibile gli sembrasse tutto quel che Hagrid gli aveva raccontato fino a quel momento, Harry non riusciva a non fidarsi di lui.

‘Eccoci arrivati’ disse Hagrid fermandosi. ‘Il paiolo magico. Un posto famoso’. Era un piccolo pub, dall'aspetto sordido. Se Hagrid non glielo avesse indicato, Harry non ci avrebbe neanche fatto caso. E infatti, Harry aveva la stranissima sensazione che solo lui e Hagrid lo vedessero. Prima che potesse dire una parola, Hagrid lo aveva spinto dentro. Per essere un posto famoso, Il paiolo magico era molto buio e dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchierino di sherry. Una di loro fumava una lunga pipa. ‘Il solito, Hagrid?’,‘Non posso, Tom, sono in servizio per Hogwarts’ disse il gigante dando una grossa pacca con la manona sulla spalla di Harry, al quale si piegarono le ginocchia. ‘Buon Dio!’ esclamò il barman scrutando Harry. ‘Questo è... non sarà mica...?’ Nel locale cadde d'un tratto il silenzio; tutti si immobilizzarono. ‘Mi venisse un colpo...’ sussurrò con un filo di voce il vecchio barman. ‘Ma è Harry Potter! Quale onore!’ Uscì di corsa da dietro il bancone, si precipitò verso Harry e gli afferrò la mano con le lacrime agli occhi. ‘Bentornato, Mr Potter, bentornato!’ Harry non sapeva che cosa dire. Tutti lo guardavano. Hagrid era raggiante. Ci fu un grande tramestio di sedie, e subito dopo Harry si trovò a stringere la mano di tutti i presenti. Harry strinse mani a non finire. Si fece largo un giovanotto pallido dall'aria molto nervosa. Aveva un tic a un occhio. ‘Professor Raptor!’ disse Hagrid. ‘Harry, il professore sarà uno dei tuoi insegnanti a Hogwarts’. ‘P-P-Potter’ balbettò il professor Raptor afferrando la mano di Harry, ‘n-n-non so d-d-dirle qu-quanto s-sono felice di c-c-conoscerla’. ‘Che tipo di magia insegna lei, professor Raptor?’ ‘D-difesa co-contro le Arti O-o-oscure’ balbettò Raptor come se avesse preferito non saperlo. ‘N-n-non che a lei s-serva, eh, P-P-Potter?’ E rise nervosamente.. Ci vollero almeno dieci minuti per liberarsi di tutti. Finalmente, Hagrid riuscì a farsi udire al di sopra del cicaleccio. ‘Ora dobbiamo andare... un mucchio di acquisti da fare. Sbrigati, Harry’.

Hagrid gli fece strada attraverso il bar; uscirono in un piccolo cortile circondato da un muro, dove non c'era altro che un bidone della spazzatura e qualche erbaccia. Hagrid sorrise a Harry. ‘Te l'avevo detto, no? Te l'avevo detto che eri famoso. Nel frattempo, Hagrid stava contando i mattoni sul muro sopra il bidone della spazzatura. ‘Tre verticali... due orizzontali...’ bofonchiava. ‘Bene. Sta indietro, Harry’. Batté sul muro tre volte con la punta dell'ombrello. Il mattone che aveva colpito vibrò... si contorse... al centro apparve un piccolo buco... si fece sempre più grande... e un attimo dopo si trovarono di fronte un arco abbastanza largo da far passare Hagrid. L'arco dava su una strada selciata tutta curve, di cui non si vedeva la fine. ‘Benvenuto a Diagon Alley!’ disse Hagrid. Sorrise allo stupore di Harry. Attraversarono l'arco. Harry gettò una rapida occhiata alle sue spalle e vide l'arco rimpicciolirsi, ridiventando un muro compatto. Il sole splendeva illuminando una pila di calderoni fuori del negozio più vicino. Un'insegna appesa sopra diceva: Calderoni. Tutte le dimensioni. Rame, ottone, peltro, argento. Autorimestanti. Pieghevoli.  ‘Te ne servirà uno’ disse Hagrid, ‘ma prima dobbiamo andare a prenderci i soldi’. Harry avrebbe voluto avere altre quattro paia di occhi. Strada facendo, si girava di qua e di là nel tentativo di vedere tutto e subito: i negozi, le cose esposte all'esterno, la gente che faceva le spese. ‘Ecco la Gringott’ disse Hagrid a un certo punto. Erano giunti a un edificio bianco come la neve che svettava sopra le piccole botteghe. Ritto in piedi, dietro un portale di bronzo brunito, con indosso un'uniforme scarlatta e oro, c'era... ‘Proprio così, quello è un folletto’ disse Hagrid tutto tranquillo, mentre salivano gli scalini di candida pietra diretti verso di lui. Il folletto era più basso di Harry di quasi tutta la testa. Aveva un viso dal colorito scuro e dall'aria intelligente, una barba a punta e, come Harry poté notare, dita e piedi molto lunghi. Si inchinò al loro passaggio. Un centinaio di altri folletti seduti su alti scranni dietro un lungo bancone scribacchiavano su grandi libri mastri, pesavano le monete su bilance di bronzo, ed esaminavano pietre preziose con la lente. Le porte erano troppo numerose per poterle contare, e altri folletti erano occupati ad aprirle e richiuderle per fare entrare e uscire le persone. Hagrid e Harry si avvicinarono al bancone. ‘Salve’ disse Hagrid a un folletto che in quel momento era libero. ‘Siamo venuti a prendere un po' di soldi dalla cassaforte di Mr Harry Potter’. ‘Avete la chiave, signore?’ ‘Devo averla da qualche parte’ fece Hagrid, cominciando a svuotare le tasche sul banco, e sparpagliando sul libro contabile del folletto una manciata di biscotti ammuffiti per cani. ‘Eccola qui’ disse finalmente Hagrid che aveva in mano una piccola chiave d'oro. Il folletto la osservò da vicino. ‘Sembra che vada bene’. ‘E qui ho anche una lettera del professor Silente’ disse Hagrid col petto in fuori, ostentando un'aria d'importanza. ‘Riguarda il Lei-Sa-Cosa della camera blindata settecentotredici’. Il folletto lesse attentamente la lettera. ‘Molto bene’ disse restituendola a Hagrid, ‘qualcuno vi accompagnerà in entrambe le camere blindate. Unci-unci!’ chiamò.

Unci-unci fece scattare la serratura della porta. Ne fuoriuscì una nube di fumo verde e, quando si fu dissipata, Harry rimase senza fiato. Dentro, c'erano montagne di monete d'oro. Cumuli d'argento. Mucchi di piccoli zellini di bronzo. ‘Tutto tuo’ disse Hagrid con un sorriso. Tutto suo? Era incredibile. I Dursley non dovevano saperne niente, altrimenti lo avrebbero immediatamente costretto a dar tutto a loro. Quante volte si erano lamentati di quel che gli costava mantenerlo? E pensare che sepolta nelle viscere di Londra c'era da sempre una piccola fortuna che gli apparteneva. Hagrid aiutò Harry a raccogliere un po' di quel bendidio in una borsa. ‘Quelli d'oro sono galeoni’ spiegò. ‘Diciassette falci d'argento fanno un galeone e ventinove zellini fanno un falci: facilissimo no? Bene, questo dovrebbe bastare per un paio di trimestri. Il resto te lo terremo da conto’.
Dopo la pazza corsa di ritorno, rimasero un poco a sbattere le palpebre, accecati dalla luce del sole. Anche se ora aveva una borsa piena zeppa di soldi, Harry non sapeva da dove iniziare a fare i suoi acquisti. Non aveva bisogno di sapere quanti galeoni entravano in una sterlina per capire che disponeva di più denaro di quanto non ne avesse mai avuto in vita sua: più di quanto non ne avesse mai avuto lo stesso Dudley. Una volta fuori dal negozio di Madama McClan, doveve aveva misurato la sua nuova uniforme, Harry chiese: ‘Hagrid, che cos'è il Quidditch?’ ‘Per tutti i gargoyle, Harry. Continuo a dimenticare quanto poco sai... Certo che... non conoscere il Quidditch! ‘Allora, che cos'è il Quiddch? il nostro sport. Lo sport dei maghi. come... come il calcio nel mondo dei Babbani: tutti seguono il Quidditch. Si gioca in aria, cavalcando manici di scopa, e con quattro palle... difficile spiegare le regole’. ‘E che cosa sono Serpeverde e Tassorosso?’ ‘Sono dormitori. A Hogwarts ce ne sono quattro’. Comperarono i libri di testo per Harry in un negozio chiamato Il ghirigoro dove gli scaffali erano stipati fino al soffitto di libri grossi come lastroni di pietra e rilegati in pelle; libri delle dimensioni di un francobollo, foderati in seta; libri pieni di simboli strani e alcuni con le pagine bianche. Anche Dudley, che non leggeva mai niente, avrebbe fatto pazzie per metterci le mani sopra. Hagrid dovette quasi trascinare via Harry da Maledizioni e Contromaledizioni (Stregate gli amici e confondete i nemici con l'ultimo grido delle vendette: caduta dei capelli, gambe di ricotta, lingua legata e molte altre ancora) del professor Vindictus Viridian. ‘Stavo cercando di scoprire come fare un sortilegio a Dudley’. ‘Non dico che non è una buona idea, ma nel mondo dei Babbani non devi usare la magia che in circostanze speciali’ disse Hagrid. ‘E in tutti i modi, ancora non puoi riuscire a vendicarti in nessuna maniera: devi studiare molto di più per arrivare a quel punto’. Hagrid non permise a Harry neanche di comperare un calderone d'oro massiccio (‘Nella lista c'è scritto "peltro"‘), ma acquistarono una graziosa bilancia per pesare gli ingredienti delle pozioni, e un telescopio pieghevole in ottone. Poi andarono in farmacia, luogo talmente interessante da ripagare del pessimo odore che vi regnava, un misto di uova fradice e cavoli marci. Per terra c'erano barili di roba viscida; vasi di erbe officinali, radici secche e polveri dai colori brillanti erano allineati lungo le pareti; fasci di piume, di zanne e artigli aggrovigliati pendevano dal soffitto. Mentre Hagrid chiedeva all'uomo dietro il bancone una provvista di alcuni ingredienti fondamentali per preparare pozioni, Harry esaminava alcuni corni di unicorno in argento, che costavano ventuno galeoni ciascuno, e minuscoli occhi di coleottero di un nero lucente (a cinque zellini la manciata). Una volta fuori della farmacia, Hagrid spuntò di nuovo la lista di Harry. ‘rimasta la bacchetta magica... e non ti ho ancora preso il regalo di compleanno’. Harry arrossì. ‘Ma non devi...’ ‘Lo so che non devo. Ecco che cosa farò: ti regalerò un animale. Non un rospo, i rospi sono passati di moda anni fa, ti riderebbero dietro... e i gatti non mi piacciono, mi fanno starnutire. Ti prenderò un gufo. Tutti i ragazzini vogliono i gufi, sono assai utili, portano la posta e tutto il resto’. Venti minuti dopo, uscivano dall'Emporio del Gufo, un locale buio, pieno di animali che raspavano e frullavano in aria, con gli occhi luccicanti come gemme preziose. Ora Harry trasportava una grossa gabbia che conteneva una bella civetta bianca come la neve, profondamente addormentata con la testa sotto l'ala. Non riusciva a smettere di balbettare ringraziamenti, tanto che sembrava il professor Raptor. ‘Ma di niente!’ rispondeva Hagrid burbero. ‘Non credo che i Dursley ti hanno mai fatto molti regali. E ora ci rimane solo Olivander... è l'unico posto per comprare una bacchetta magica; vai da Olivander, e avrai il meglio, parlando di bacchette’. Bacchette magiche... Harry non vedeva l'ora di possederne una. Quest'ultimo negozio era angusto e sporco. Un'insegna a lettere d'oro scortecciate sopra la porta diceva: Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.. Nella vetrina polverosa, su un cuscino color porpora stinto, era esposta una sola bacchetta. Un lieve scampanellio, proveniente dagli anfratti del negozio non meglio identificati, accolse il loro ingresso. Era un luogo molto piccolo, vuoto, tranne che per una sedia dalle zampe esili su cui Hagrid si sedette, nell'attesa. Harry si sentiva strano, come se fosse entrato in una biblioteca privata. Si rimangiò un mucchio di nuove domande che gli erano appena venute in mente, e invece si mise a guardare le migliaia di scatoline strette strette, tutte impilate in bell'ordine fino al soffitto. Chissà perché, sentiva un pizzicorino alla nuca. Persino la polvere e il silenzio di quel luogo sembravano fremere di una segreta magia. ‘Buon pomeriggio’ disse una voce sommessa. Harry fece un balzo e lo stesso dovette fare Hagrid, perché si sentì un forte scricchiolio e lui si affrettò ad alzarsi dalla sedia. Avevano di fronte un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che illuminavano la penombra del negozio come due astri lunari. ‘Salve’ disse Harry imbarazzato. ‘Ah, sì’ disse l'uomo. ‘Sì, sì, sì, ero sicuro che l'avrei conosciuto presto. Harry Potter’. Non era una domanda. ‘Ha gli occhi di sua madre. Sembra ieri che è venuta qui a comperare la sua prima bacchetta magica. Lunga dieci pollici e un quarto, sibilante, di salice. Una bella bacchetta per un lavoro d'incanto’. Mr Olivander si avvicinò a Harry. Quest'ultimo avrebbe dato chissà che cosa per vedergli abbassare le palpebre. Quegli occhi d'argento gli facevano venire la pelle d'oca. ‘Suo padre, invece, preferì una bacchetta di mogano. Undici pollici. Flessibile. Un po' più potente e ottima per la trasfigurazione. Be', ho detto che suo padre l'aveva preferita... ma in realtà, è la bacchetta a scegliere il mago, naturalmente’. Mr Olivander si era fatto talmente vicino da toccare quasi il naso di Harry, che si vedeva riflesso in quegli occhi velati. ‘Ed è qui che...’ Mr Olivander toccò con un dito lungo e bianco la cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry. ‘Mi spiace dire che sono stato io a vendere la bacchetta che ha fatto questo’ disse con un filo di voce. ‘Tredici pollici e mezzo. Sì. Una bacchetta potente, molto potente, nelle mani sbagliate... Bene, se avessi saputo che cosa sarebbe andata a fare per il mondo...’ Scosse la testa e poi, con grande sollievo di Harry, si accorse di Hagrid. ‘Rubeus! Rubeus Hagrid! Che piacere rivederti! Quercia, sedici pollici, piuttosto flessibile; non era così?’ ‘Azzecato, signore’ disse Hagrid. ‘Una bella bacchetta quella. Ma suppongo che l'abbiano spezzata a
metà quando ti hanno espulso, vero?’ chiese Mr Olivander, facendosi serio d'un tratto. ‘Ehm... sì, signore, proprio così’ rispose Hagrid spostando il peso del corpo da un piede all'altro. ‘Però conservo ancora le due metà’ aggiunse vivacemente. ‘Ma non le usi, vero?’ chiese Mr Olivander con fare inquisitorio. ‘Oh, no, signore’ si affrettò a rispondere Hagrid. Harry notò che, nel parlare, si stringeva forte forte al suo ombrello rosa. ‘Ehm, vediamo’ disse Mr Olivander lanciando a Hagrid un'occhiata penetrante. ‘Allora, Mr Potter, vediamo un po'‘ e tirò fuori dalla tasca un lungo metro a nastro con le tacche d'argento. ‘Qual è il braccio con cui usa la bacchetta?’ ‘Signore, uso la mano destra’ rispose Harry. ‘Alzi il braccio. Così’. Misurò il braccio di Harry dalla spalla alla punta delle dita, poi dal polso al gomito, dalla spalla a terra, dal ginocchio all'ascella e poi prese anche la circonferenza della testa. E intanto diceva: ‘Ogni bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto di una potente sostanza magica, Mr Potter. Usiamo peli di unicorno, penne della coda della fenice e corde del cuore di draghi. Non esistono due bacchette costruite da Olivander che siano uguali, così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago’. All'improvviso, Harry si accorse che il metro a nastro, che gli stava misurando la distanza fra le narici, stava facendo tutto da solo. Mr Olivander, infatti, volteggiava tra gli scaffali, tirando giù scatole. ‘Può bastare così’ disse, e il metro a nastro si afflosciò sul pavimento. ‘Allora, Mr Potter, provi questa. Legno di faggio e corde di cuore di drago. Nove pollici. Bella flessibile. La prenda e la agiti in aria’. Harry prese la bacchetta e, sentendosi un po' sciocco, la agitò debolmente, ma Mr Olivander gliela strappò quasi subito di mano. ‘Acero e piume di fenice. Sette pollici. Molto flessibile. La provi’. Harry la provò, ma ancora una volta, non aveva fatto in tempo ad alzarla che Mr Olivander gli strappò di mano anche quella. ‘No, no... ecco, ebano e peli di unicorno, otto pollici e mezzo, elastica. Avanti, avanti, la provi’. Harry provò, provò ancora. Non aveva idea di che cosa cercasse Mr Olivander. Le bacchette si stavano ammucchiando sulla sedia, ma più Mr Olivander ne tirava fuori dagli scaffali, più sembrava felice. ‘Un cliente difficile, eh? No, niente paura, troveremo quella che va a pennello... Ora, mi chiedo... sì, perché no... combinazione insolita... agrifoglio e piume di fenice, undici pollici, bella flessibile’. Harry la prese in mano. Avvertì un calore improvviso alle dita. La alzò sopra la testa, la abbassò sferzando l'aria polverosa e una scia di scintille rosse e d'oro si sprigionò dall'estremità come un fuoco d'artificio, proiettando sulle pareti minuscoli riflessi danzanti di luce. Hagrid gridò d'entusiasmo e batté le mani e Mr Olivander esclamò: ‘Bravo! Sì, proprio così, molto bene. Bene, bene, bene... che strano... ma che cosa davvero strana...’ Rimise la bacchetta di Harry in una scatola e la avvolse in carta da pacchi sempre borbottando: ‘Ma che strano... davvero strano’. ‘Scusi’ fece Harry, ‘ma che cosa c'è di strano?’ Mr Olivander lo fissò con i suoi occhi sbiaditi. ‘Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, Mr Potter. Una per una. Si dà il caso che la fenice dalla cui coda proviene la piuma della sua bacchetta abbia prodotto un'altra piuma, una sola. E' veramente molto strano che lei sia destinato a questa bacchetta, visto che la sua gemella... sì, la sua gemella le ha procurato quella ferita’. Harry deglutì. ‘Sì, tredici pollici e mezzo. Legno di tasso. Curioso come accadano queste cose. la bacchetta che sceglie il mago, lo ricordi. Credo che da lei dobbiamo aspettarci grandi cose, Mr Potter... Dopo tutto, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ha fatto grandi cose... terribili, è vero, ma grandi’. Harry rabbrividì. Non era certo di trovare molto simpatico quel Mr Olivander. Pagò sette galeoni d'oro per la sua bacchetta, e mentre uscivano, Mr Olivander li salutò con un inchino da dentro il negozio. Era ormai pomeriggio avanzato e il sole era basso sull'orizzonte quando Harry e Hagrid si misero sulla via del ritorno ripercorrendo Diagon Alley, riattraversarono il muro, fino al Paiolo magico, ormai deserto.

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