domenica 1 marzo 2015

Incontro VIII - Mitologia delle civiltà precolombiane



Siamo nell’America centrale, all’interno di un grande territorio che comprende l’intero Guatemala, una parte del Salvador occidentale, parte dell’Hondura e gli stati messicani dello Yucatan, del Campehe, di Chiapas, di tabasco. Qui sono vissuti i Maya e qui nei monumentali resti, il più delle volte celati dall foreste, è possibile rivivere la loro storia. La civiltà Maya, giunta la popolazione in queste terre già nel terzo millennio a.C., si sviluppa nei secoli e vive il suo massimo splendore tra il 300 e il 900 d.C., proprio mentre l’Europa attraversa i cosiddetti secoli bui del medioevo. Dopo la conquista da parte di un popolo straniero, i maya riescono a recuperare la propria indipendenza, ma in tribù divise: I Quiché e i Cakchiquel, poco prima che i conquistadores europei facciano la loro comparsa in quei territori.
I maya avevano elaborato il Popul Vhul, un testo per lungo tempo tramandato oralmente, poi trascritto, che racconta le origini del loro popolo e più ingenerale l’origine del mondo. L’opera è assai complessa e viene ancora oggi tramandata di generazione in generazione. La trascrizione si deve ad un saggio quiché che utilizzò la sua lingua, servendosi tuttavia dei caratteri latini. Oltre ai maya, anche altri gruppi sociali, che avevano messo a punto sistemi di relazione meno complessi, popolavano il centro e il Sud America: sono quelli che vivevano e vivono tuttora nella foresta amazzonica, nella cordigliera delle Ande, nella Terra del Fuoco.

Il mito maya della creazione del mondo e dell'uomo
In  un antico popolo  che vive  nell'America centrale discendente dagli antichi Maya, si narra che all'alba del tempo tutto era immobile e silenzioso, la distesa  del cielo era vuota: non c'era ancora nessuno. Non c'era niente, niente che stesse in piedi. Esisteva solo il cielo e il mare calmo. Nell'acqua, circondati dal chiarore e nascosti sotto piume verdi e azzurre, c'erano il Creatore, che si chiamava Tepeu, il Formatore, Gucumatz  e i Progenitori. Questi dei una notte si riunirono, parlarono e decisero che quando fosse spuntata l'alba avrebbero cominciato la creazione del mondo. Decisero cioè di formare il mondo, di far nascere la vita, di far crescere alberi e cespugli e infine di dar vita all'uomo. Questo venne deciso dagli dei nelle tenebre della notte. “Facciamo così, dissero, riempiamo il vuoto, ritiriamo quest'acqua e facciamo sorgere  la terra! E ora si faccia chiaro, l'alba illumini il cielo e la terra!”. 
“Terra!” Dissero gli dei e in un attimo la terra fu fatta. Solamente per un prodigio, per arte magica, si compì la formazione delle montagne e  delle valli e in un attimo, dalla superficie della terra, scaturirono insieme boschi di cipressi e di pini. Quando apparvero le alte montagne, le acque si divisero e i ruscelli cominciarono a scorrere liberamente fra le colline. Fatto questo, gli dei crearono gli animali piccoli della foresta, i leoni, le tigri, i serpenti. Poi vennero creati i cervi e gli uccelli. “Voi cervi starete fra le erbe, camminerete su quattro piedi e dormirete nelle pianure lungo i  fiumi”, ordinarono gli dei. Agli uccelli dissero: “Voi uccelli abiterete sugli alberi e sui cespugli, lì farete i vostri nidi e vi muoverete”. Compiuta la creazione di tutti i quadrupedi e di tutti gli uccelli gli dei dissero loro: “Parlate, adesso, gridate, chiamate! Dite i nostri nomi, lodateci, invocateci!”. Ma gli dei non riuscirono a ottenere che gli animali parlassero e che li ringraziassero per averli creati: strillavano, invece, ruggivano, gracchiavano, fischiavano, muggivano, ciascuno con il loro linguaggio che era incomprensibile. Quando gli dei videro che non era possibile farli parlare tornarono dagli animali e dissero loro: “Visto che non siamo riusciti a farvi parlare, vi cambieremo il vostro cibo, il vostro pascolo, la vostra casa e i vostri nidi saranno i boschi e le montagne. Non ci avete adorati né ci avete invocati, perciò le vostre carni serviranno da cibo a altri animali. Creeremo altri esseri che ci ubbidiranno e ci adoreranno”.
“È vicino il tempo della luce, dobbiamo dare vita a qualcuno che sappia pronunciare il nostro nome” dissero Hurkam, Cuore del Cielo, e il dio Tepeu Gucumatz. Con acqua e argilla modellarono gli uomini, ma questi erano molli e informi, con la testa ciondolante e privi di forze nelle braccia e nelle gambe; parlavano, sì, ma non pensavano e soprattutto non sapevano invocare gli dei. Subito allora li sciolsero nelle acque del mare e cercarono una soluzione migliore. Si rivolsero a Ixpiyacoc, il dio sole opossum, e a Ixmucane, il dio sole coyote che così si pronunciarono: “è bene che gli uomini siano intagliati nel legno, più forte e resistente dell’argilla”. Così fu fatto, e gli uomini di legno popolarono il mondo, riproducendosi, ma nemmeno loro seppero pronunciare il nome degli dei, perchè anche loro parlavano ma non pensavano, avevano il corpo, ma non avevano né sangue né cuore. Huraca, Cuore del Cielo, fece allora sollevare le acque che inondarono la terra su cui gli uomini vivevano. Il cielo si oscurò, piovve a lungo e tutti gli esseri umani morirono. Allora la volpe, il coyote, il pappagallo e il corvo condussero gli dei a Pan Paxil, il paese più ricco della terra, dove crescevano il mais giallo e il mais bianco. Tapeu Gucumatz modellò così quattro uomini nuovi con il mais e con il mais fece la loro carne e il loro sangue; Ixumane preparò pozioni magiche e le mescolò al mais per aumentare la forza dei muscoli delle loro braccia e delle loro gambe. Belli e ben fatti, ora gli uomini parlavano e pensavano, vedevano e udivano non solo ciò che era vicino, ma anche tutto ciò che era lontano sulla terra, nel cielo e nelle acque e con queste parole si rivolsero agli dei: “Lode agli dei che ci hanno dato occhi per vedere tutto, orecchie per ubire, bocca per parlare!”.

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